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Preoccupazione per gli avvicinamenti degli animali in città, ma non solo

Gli avvistamenti di ungulati nelle zone residenziali di Siena, ma anche in altre zone in tutta la provincia, destano molta preoccupazione. Ad essere preoccupati per l’elevata densità di questi animali selvatici non sono solo i cittadini, ma anche le aziende agricole, che sempre più spesso devono fare i conti con i danni provocati alle loro colture. Danni consistenti, che spesso incidono sulla produzione di diversi anni, che aggravano una situazione già abbastanza difficile legata alla crisi economica provocata dal Covid.

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Toscana seconda solo all’Austria per densità di ungulati

La Toscana ha un’elevata densità di ungulati. “Parliamo di numeri esorbitanti” racconta Gianluca Cavicchioli, direttore Unione Provinciale Agricoltori Siena “la densità di ungulati in Toscana è seconda solo a all’Austria”. Il problema dell’alta densità di ungulati sul territorio toscano non rappresenta sicuramente una novità. “Si tratta di un problema cronico nella nostra realtà” continua Cavicchioli “che purtroppo non coincide con normative che riescono a rispondere alle esigenze degli agricoltori. Il problema dell’eccessiva presenza di ungulati sul nostro territorio non riguarda solo l’agricoltura, ma tocca in modo diretto anche gli insediamenti umani e l’ambiente, mettendo a rischio l’intero ecosistema. Senza considerare il rischio della diffusione dell’infezione tra gli animali della peste suina, che potrebbe avere conseguenze pesanti sulla fauna. Per questo è necessario trovare un equilibrio”.

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La presenza di ungulati in Toscana è cresciuta molto in questi mesi, anche a causa di un minor numero di abbattimenti. “Tra novembre e dicembre” racconta Cavicchioli “sono stati abbattuti oltre 2500 cinghiali in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sono numeri importanti, che mettono in seria difficoltà la programmazione delle aziende agricole”.

Ungulati attratti dai campi seminati

Gli ungulati sono animali selvatici che si nutrono principalmente di ghiande, ma sono ghiotti di ogni tipo di seme o gemma che possono trovare nei campi coltivati. Inutile dire che i danni provocati alle colture, in ogni fase, sono ingenti. “I danni provocati dagli ungulati” spiega Cavicchioli “riguardano, ad esempio, il grano, dalla fase di semina sino al raccolto. Per quanto riguarda gli ulivi brucano le gemme, nei vigneti sono attratti sia dalle gemme che dall’uva. Quando un ungulato bruca le gemme, però, l’agricoltore si trova di fronte a un danno non solo immediato, ma che si ripercuote per due o tre anni sulla sua produzione. L’alta densità di ungulati non fa che peggiorare questa situazione”.

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Un problema annoso per gli agricoltori, che da anni stanno cercando una soluzione per tutelare i propri terreni dalla presenza di questi animali. “Prima della pandemia” racconta Cavicchioli “erano state trovate, seppur con grande difficoltà, alcune soluzioni tampone, che non hanno in ogni caso soddisfatto appieno le nostre esigenze. La normativa del 92 ormai è superata e i risarcimenti per gli agricoltori che subiscono danni dagli ungulati non sono abbastanza. Il risarcimento non riesce a compensare il danno, soprattutto quando si parla delle gemme di viti e ulivi, che rendono difficoltosa la produzione per alcuni anni”.

“Neanche i recinti si sono rivelati risolutivi” aggiunge Cavicchioli. “Esteticamente non sono il massimo, hanno costi di non poco conto e spesso non si possono mettere. Il Covid ha notevolmente peggiorato la situazione e oggi gli agricoltori, che già hanno problemi di liquidità legati alla crisi, si trovano a dover sostenere costi anche per pagare i danni provocati dagli animali. Il problema dell’elevata densità di ungulati è cronico, ma nonostante ciò si arriva sempre in ritardo. Si agisce dopo che il danno è stato provocato e questo non è abbastanza”.

Danni da ungulati possono incidere sulla produzione per anni

I danni provocati dagli ungulati all’agricoltura possono avere ripercussioni di lungo periodo. “I risarcimenti” spiega Cavicchioli “sono garantiti dallo Stato, che risponde dei danni provocati dagli animali selvatici, ma non sono sufficienti spesso. Infatti, per un’azienda produrre meno significa non poter garantire la presenza dei propri prodotti sul mercato, con il rischio di perdere clienti e di avere un danno d’immagine di non poco conto. Quando gli animali selvatici brucano le gemme, ad esempio, il danno sulla produzione si protrae per anni”.

A causare danni, tuttavia, non sono solo gli ungulati. “Nella zona del Chianti Classico” racconta Cavicchioli “si registra un’alta densità di cervi e daini. Il cervo è un animale che mangia quattro volte la quantità di cibo di un capriolo. I danni che può provocare alle colture possono essere, quindi, molto consistenti”.

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